La richiesta sempre più crescente di alloggi per periodi limitati ha determinato il boom di affitti brevi e bed&breakfast anche nei condomini. A risentirne è però la tranquillità dei vicini di casa che adesso sono sul piede di guerra per ristabilire un po’ d’ordine. Vediamo di saperne di più su questo fenomeno che è in costante crescita.
Affitti brevi in condominio in crescita e ricorsi da parte dei vicini
Il boom degli affitti brevi ha fatto registrare grossi vantaggi in tutta Italia a tutti coloro che grazie alla possibilità di poter affittare il proprio appartamento o parte di esso senza impegni burocratici possono trarre ottimi guadagni.
L’affitto breve è infatti una scrittura privata tra proprietario e ospite, con una durata massima di trenta giorni e la possibilità per l’inquilino di usufruire anche di servizi accessori, come ad esempio la pulizia dei locali, il cambio della biancheria, l’aria climatizzata e internet.
La formula si presenta decisamente vantaggiosa e offre a chi viaggia un alloggio senza colazione e senza pasti e soprattutto senza tasse per i proprietari, che non hanno l’obbligo della registrazione del contratto.
Oltretutto, grazie a piattaforme come Airbnb o Booking è facile mettere online una stanza o l’intera casa e permettere a chi lo desidera di prenotare con grande facilità e rapidità. Fin qui è tutto normale e come abbiamo visto i vantaggi sono sia per il locatore che per l’inquilino.
Tuttavia, i problemi per i proprietari cominciano a nascere quando l’affitto breve riguarda l’appartamento posto all’interno di un condominio.
Sono sempre più numerosi, infatti, i vicini di casa che mostrano insofferenze e soprattutto pregiudizi sul flusso di persone che determinano un vero e proprio viavai dall’abitazione.
Non tutti sono infatti disposti a vedere persone che vanno e vengono in continuazione oltre ai residenti nel fabbricato condominiale.
Per preservare la loro tranquillità e il decoro del condominio sono dunque costretti a richiedere un’assemblea all’amministratore condominio Milano per discutere la questione e prendere i dovuti provvedimenti.
Le richieste dei condomini nella maggior parte dei casi consistono nel formulare una delibera che possa effettuare delle modifiche sul regolamento in modo da impedire il progredire degli affitti brevi e quindi dell’attività di B&B al condomino che la sta svolgendo.
Non esiste ancora una normativa precisa che regola gli affitti brevi in condominio
In seguito a varie richieste avanzate da parte dei condomini sono state numerose le sentenze dei giudici che hanno dovuto emanare, appellandosi spesso a normative regionali generali ma non specifiche sull’argomento.
Non esiste infatti una normativa che regoli non solo la natura delle attività di affitti brevi e di bed & breakfast ma anche tempi e modi per vietarli all’interno del condominio.
Proprio per questo sarebbe opportuno creare un regolamento ben preciso sull’attività di B&B in fabbricati condominiali.
Tuttavia, è possibile affermare che divieti sull’attività di B&B nel condominio possono essere inclusi all’inizio nel regolamento contrattuale, ovvero quello deliberato da chi ha costruito l’edificio o dal proprietario che lo ha avuto in possesso.
Oppure il divieto potrebbe essere presente sotto forma di clausola nell’atto di compravendita di cui l’acquirente ha preso visione e che ha accettato.
In alternativa, come detto in precedenza, per ritenere valido il divieto di B&B può anche essere formulata una delibera dell’assemblea condominiale.
In questi casi i condomini chiedono all’amministratore condominio Milano di tenere una riunione, a cui però devono essere presenti tutti quanti e tutti in maniera unanime devono dare il consenso per il divieto. La delibera deve essere trascritta in seguito nei registri immobiliari e inserita nel regolamento condominiale.
Per chiarire al meglio la questione è bene comunque tenere in considerazione che in linea generale affittare per brevi periodi una camera o un intero appartamento non comporta alcuna modifica della destinazione d’uso dell’immobile.
D’altronde la legge non dà alcun chiarimento specifico su come il condomino deve utilizzare la propria casa, anche se è risaputo che l’utilizzo delle aree esclusive può andare incontro a delle limitazioni interne al condominio.
Sulla base di queste considerazioni e di una sentenza emessa dalla Cassazione n. 24707 del 2014 è dunque considerata legittima la possibilità dei condòmini di affittare la propria casa traendone un guadagno, senza ricorrere al consenso dell’assemblea condominiale, in quanto l’attività ricettiva, nel caso degli affitti brevi, non costituisce danno per il resto dei condòmini.
Tuttavia, a questo tipo di attività il solo limite è costituito da un divieto espresso, come detto prima, nel regolamento di condominio, un divieto che deve essere chiaro ed esplicito e trascritto in maniera che non dia luogo ad eventuali dubbi.
Parere favorevole della Cassazione per l’attività di bed&breakfast
E’ dunque fondamentale capire se all’interno del condominio è presente un regolamento condominiale a favore o contro l’avvio di un B&B all’interno del condominio per ritenere se un’attività è regolare o meno.
Tuttavia, di recente la Cassazione ha espresso una sentenza che si pone a favore dei B&B in condominio. Con la sentenza 6769/2018 la Cassazione ha infatti tenuto a precisare che la clausola del regolamento di condominio che comporta limiti all’utilizzo della proprietà privata, tanto da vietare al condomino l’attività di b&b, rientra nella tipologia delle servitù atipiche.
Questa, in quanto tale, per avere validità nei confronti di terzi, deve risultare in una nota apposita, redatta separatamente da quella dell’atto di acquisto.
In parole povere la Cassazione afferma che, per impedire di esercitare a chi lo desidera di svolgere l’attività di B&B, non è sufficiente apporre la trascrizione nel regolamento condominiale in cui è presente la clausola che vieta questa attività.
E’ invece necessario che sia presente la trascrizione della clausola specifica. Detto questo, è facile dedurre che, se la clausola è inserita nel regolamento predisposto dal costruttore, ossia dal proprietario originario, la nota di trascrizione del primo atto di acquisto che contiene il vincolo è opponibile a tutti gli acquirenti successivi.
Di conseguenza, dunque, il condominio può rivolgersi direttamente all’amministratore condominio Milano per far cessare lo svolgimento dell’attività, e può chiedere quindi una delibera che deve essere però votata in assemblea in forma unanime.