I locali aperti nel condominio sono spesso causa di discordie e di problematiche nei rapporti tra gli abitanti di una determinata residenza comune.

Ogni amministratore di condominio a Milano avrà potuto ritrovarsi ad ascoltare le lamentele dei propri assistiti per questo tipo di problema, oppure avrà dovuto consigliare qualche collega in merito al comportamento da tenere nel momento in cui si presentasse tale scenario.

Per questo motivo sarà bene capire quando dei locali aperti nel condominio sia legittimo, e quando, invece, sia possibile richiedere interventi esterni per evitare i rumori, gli schiamazzi e anche gli odori.

Tutte le fattispecie che saranno analizzate riguardano quelli che sono i casi più diffusi sia di ricorso alle autorità, sia di richiesta di un intervento da parte dello stesso amministratore di condominio, che nei primi momenti diventa sempre il mediatore tra quelle che sono le esigenze dei differenti assistiti.

Quando è possibile autorizzare l’apertura di un locale?

Una delle prime domande che ci si potrebbe porre in questi casi riguarderebbe la possibilità, o meno, di impedire l’apertura di un locale al piano terra di un condominio.

Infatti, molti bar e ristoranti occupano proprio la parte su strada del condominio e questi esercizi commerciali possono determinare sia problemi legati al rumore e all’ordine pubblico, sia correlati agli odori, come spesso accade per le pizzerie e i ristoranti.

Come primo assunto, si può citare una recente sentenza della Corte di Cassazione, la numero 221307 del 2016 nella quale la Suprema Corte si è occupata di indicare come, nel momento in cui un regolamento di condominio non si occupi in modo esplicito di vietare l’apertura di un locale, il proprietario dell’immobile avrà la possibilità di adibire a diverse attività l’immobile stesso.

Quindi, in generale avendo la proprietà delle “quattro mura” sarebbe possibile ottenere le autorizzazioni di Asl e Comune e aprire, senza problemi, il proprio locale al piano terra di un condominio.

Tuttavia, la sentenza richiama anche il regolamento di condominio come elemento che dovrebbe guidare la reazione dei comproprietari all’interno della struttura.

Infatti, un regolamento può vietare l’apertura di locali, ma sarà necessario aver seguito una determinata procedura per approvare questo genere di clausole.

In particolare, così come almeno più di un amministratore di condominio a Milano si sarà ritrovato a ripetere, questo tipo di clausola potrebbe essere approvata dai condomini solamente all’unanimità, quindi avendo il consenso di tutti i proprietari.

Anche l’opposizione di uno solo di questi potrebbe aver impedito l’aggiunta di questa postilla all’interno del regolamento stesso; si può ben capire, quindi, come lo stesso proprietario del locale potrebbe essersi opposto, durante l’approvazione di modifiche al regolamento di condominio, a questa particolare clausola, non consentendone l’aggiunta all’interno del documento.

La stessa clausola, ricorda la Corte di Cassazione,  potrebbe essere stata approvata dagli acquirenti nel momento in cui gli stessi si fossero occupati di comprare le proprietà in costruzione.

Lo stesso regolamento di condominio avrà, inoltre, il potere di determinare gli orari entro i quali sia possibile produrre rumori che potrebbero dare fastidio agli altri condomini.

Infatti, prima di quelle che potrebbero essere le ordinanze del Sindaco, saranno i documenti approvati all’interno del condominio a regolamentare il comportamento di chi voglia svolgere un’attività rumorosa.

Per questo motivo, anche sotto tale punto di vista, non esistono regole uguali per tutti e si potranno verificare fattispecie differenti a seconda anche della zona della città nella quale si sia deciso di aprire un determinato ristorante, un laboratorio oppure un altro tipo di attività che sia aperta al pubblico.

Dopo aver compreso questo concetto, si dovrà anche aggiungere, così com’è sempre stato specificato dalla Cassazione, come nel momento in cui i rumori prodotti dal locale e dai suoi avventori rientrino nella normale tollerabilità, non sia possibile richiedere risarcimenti o interventi da parte delle autorità.

La tollerabilità, come concetto, è piuttosto variabile, in quanto molto dipende dalla durata del rumore, dalla sua intensità, dalla sua frequenza e anche dall’orario nel quale il rumore venga prodotto.

Quindi, il fatto per il quale gli ospiti del locale si fermino qualche minuto sotto il balcone del primo piano a parlare sarà considerato un rumore tollerabile, mentre gli schiamazzi violenti, che dureranno magari mezz’ora, potranno essere passabili di una richiesta di intervento alle autorità.

Il problema dei rumori e degli schiamazzi verrà esaminato nella parte successiva dell’articolo, in modo da analizzare tutte le differenti fattispecie che si potranno verificare.

Quando si può richiedere l’intervento delle autorità?

Dopo aver compreso che solo in pochi casi è possibile richiedere al proprietario di non aprire un locale nel proprio immobile, bisognerà anche analizzare il caso in cui il locale sia già stato aperto e inizi ad arrecare fastidio a chi abiti all’interno dello stabile.

Un esempio calzante è stato sempre valutato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 45225 del 2016 nel quale la Suprema Corte ha dovuto occuparsi di alcune immissioni di fumo realizzate da parte di una pizzeria.

In particolare, gli  inquilini si sentivano “molestati” a causa della presenza dei fumi provenienti dalla pizzeria a causa della cottura delle pietanze.

Prima di ricorrere al giudice, gli inquilini hanno richiesto, come sarebbe buona norma, l’intervento dell’Asl, in modo che i suoi addetti si occupassero di rilevare l’intensità dei fumi prodotti proprio dalla cottura in pizzeria.

Secondo il rapporto dell’Asl i fumi stessi superavano la normale tollerabilità anche a finestre chiuse, rendendo viziata l’aria per chi abitasse all’interno dello stabile.

Prendendo in considerazione questi presupposti, è stato possibile richiedere degli interventi di mitigazione della produzione dei fumi da parte della pizzeria.

In tanti casi, infatti, è possibile patteggiare con chi abbia il locale, richiedendo, in primis, che si effettuino gli interventi necessari per smettere di arrecare danno ai condomini.

Solo come provvedimento finale è prevista la possibilità di ottenere la chiusura del locale che determini così tanti disagi per gli altri condomini.

Il problema dei rumori e degli schiamazzi

Oltre al problema dei fumi e degli odori, spesso i locali determinano anche problematiche in merito al rumore, che viene spesso prodotto dagli avventori dello stesso.

Questo è il classico caso dei bar e dei pub che, essendo spesso frequentati da persone che “alzano il gomito” con una certa facilità, vedono anche in molti casi episodi di forti schiamazzi, urla e anche danneggiamenti alle proprietà, come alle automobili che possono essere state parcheggiate nelle immediate vicinanze del locale.

Nel momento in cui si verifichi questa fattispecie quali sarebbero i poteri dei condomini? In generale, tale situazione rientra in quei contesti nei quali sarà applicabile il contenuto dell’articolo 54 comma 2 del decreto legislativo 267 del 2000.

Con questa disposizione si prevede la possibilità per il Sindaco della città nella quale si trovi il locale, nel momento in cui ne sussistano le condizioni, di intervenire allo scopo di limitare l’attività.

Le inibizioni dell’attività che il Sindaco può predisporre potranno essere di diverso tipo: dalla limitazione delle pertinenze esterne al locale (ad esempio, revocando l’autorizzazione per un dehor di un ristorante o di un pub), alla limitazione degli orari, in modo da evitare che in tarda notte gli ospiti del locale possano svegliare chi stia già dormendo.

Tuttavia, sarà anche possibile estendere le responsabilità di chi arrechi fastidio sino ad arrivare all’applicazione delle disposizioni dell’articolo 659 del Codice Penale, che prevede:

Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto  fino a tre mesi o con l’ammenda  fino a trecentonove euro.
Si applica l’ammenda da centotre euro a cinquecentosedici euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità.

Si riconosce, in particolare, come il rumore sia uno strumento e un mezzo in grado di andare non solo a disturbare in generale le persone nelle proprie normali attività, ma sia anche un sistema per ledere la loro salute, che è considerata un bene primario e quindi da tutelare sempre nel migliore dei modi.

Per poter iniziare un procedimento penale vero e proprio, ovviamente, serviranno delle prove riferite al disturbo del sonno o delle altre attività dei condomini da parte sia di chi eserciti l’attività all’interno del locale, sia da parte di chi lo frequenti.

Per questo motivo, in  molti casi sarà possibile chiamare l’Asl la quale, gratuitamente, si occuperà di effettuare i rilievi fonometrici. Questi vengono realizzati mediante apposite strumentazioni che consentono di comprendere, meglio rispetto alla soggettività di un orecchio, quale sia l’intensità dei rumori e se questa possa realmente disturbare chi si trovi ad abitare in un palazzo.

Le prove che potranno essere prodotte in giudizio, così come indicato in differenti sentenze anche dalla stessa Corte di Cassazione, potranno essere di diverso tipo. Si potrà partire dai documenti e dalle rilevazioni tecniche, per poter anche usare le testimonianze dei condomini, di eventuali soggetti che si trovino nelle vicinanze del locale, e dello stesso imputato, potendo, quindi, raggiungere in questo modo un quadro abbastanza chiaro della situazione.

Successivamente, e prima dell’azione legale penale, l’Asl si occuperà di trasmettere i dati rilevati al Sindaco, il quale, nel momento in cui il problema sia effettivamente sussistente, dovrà occuparsi di intervenire.

Allo stesso tempo, si potrà richiedere al proprietario del locale di prendere dei provvedimenti: tra questi possono essere previsti, ad esempio, quelli riferiti all’insonorizzazione del luogo nel quale si svolga la sua attività, in modo da ridurre al minimo i rumori prodotti.

Un altro provvedimento che potrà prendere il proprietario sarà quello di appendere appositi cartelli fuori dal proprio locale, in modo da invitare i suoi ospiti ad evitare i rumori molesti, che potrebbero provocargli molti problemi, sia con chi abiti nel palazzo sia con la legge.

La richiesta di un intervento potrà avvenire anche nel momento in cui il problema principale sia costituito dal mancato rispetto degli orari di apertura e di chiusura imposti o all’atto dell’inaugurazione del locale, oppure in un momento successivo da parte del Sindaco con la sua ordinanza.

Tutte le violazioni e gli interventi previsti per i I locali aperti nel condominio

Quindi, ricapitolando, si potrà indicare come:

  • In generale non sia possibile impedire l’apertura di un locale all’interno di un condominio. L’unico mezzo che potrà essere utilizzato a tale scopo sarà il regolamento di condominio, nel quale, una clausola di questo tipo, dovrà comunque essere stata approvata all’unanimità da parte di tutti i proprietari durante apposita assemblea;
  • Nel momento in cui un locale inizi ad arrecare disturbo, tale disturbo potrà rientrare in differenti fattispecie: dall’immissione dei fumi, ai rumori molesti e agli schiamazzi;
  • Nel caso in cui ci sia un’immissione di odori e fumi, sarà possibile richiedere l’intervento dell’Asl al fine di far valutare l’intensità di tali immissioni e ottenere, eventualmente, dei provvedimenti a protezione degli altri condomini;
  • Nel caso in cui il problema sia costituito dai rumori molesti saranno possibili alcune soluzioni. La prima sarà quella che coinvolgerà, essenzialmente, le autorità locali. Si chiamerà il tecnico Asl che si occuperà di rilevare l’intensità dei rumori e anche di determinare in quali circostanze e orari tali disturbi avvengano in concreto. Nel momento in cui si rilevi l’effettiva produzione di rumori molesti, sarà possibile inviare la documentazione al Sindaco che dovrà intervenire con un’apposita ordinanza nella quale potrà prescrivere variazioni negli orari di chiusura o altri obblighi (come, ad esempio, quello relativo all’insonorizzazione del locale o alla rimozione del dehor esterno);
  • Nel momento in cui l’intervento delle autorità locali non dovesse sortire l’effetto voluto, sarà anche possibile ricorrere al Giudice Penale, effettuando una denuncia, che sarà sempre supportata dalle adeguate prove, per la violazione dell’articolo 659 del Codice Penale. In questi casi, per le violazioni previste, sono indicate sanzioni anche gravi, che verranno comminate nei confronti dei responsabili dei fatti lesivi;

Per tutti questi motivi, quindi, la tolleranza nei confronti di chi voglia aprire un locale in un palazzo dovrà comunque essere applicata, ma i condomini potranno sempre avere in mano gli strumenti necessari per far valere i propri diritti e per ottenere la giusta tutela da parte delle differenti autorità.

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