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La necessità di evolversi del turismo montano
Il turismo montano è da sempre associato prevalentemente alla cultura degli sci, che ancora oggi continua a farla da padrone.
Di fatto, nel tempo si è creato, soprattutto in Italia una netta separazione nella maggior parte delle persone tra vacanze estive al mare e vacanze invernali in montagna.
Ma esistono diverse motivazioni per cui si dovrebbe pensare ad un’evoluzione della proposta vacanziera da parte delle strutture ricettive montane.
Un primo problema da considerare è sicuramente legato al cambiamento climatico che sta colpendo la montagna in modo sensibile.
Ma anche altri fattori come la concorrenza di impianti sciistici di paesi limitrofi, suggerisce la necessità di estendere la propria offerta e diversificare gli investimenti per essere più competitivi.
L’industria sciistica in Italia
Il Bel Paese è tra le Nazioni che possiedono le maggiori stazioni sciistiche a livello mondiale, ovvero quelle che riescono ad attirare almeno 100.000 visitatori all’anno.
In particolare in Italia sono presenti circa 200 stazioni di sci, prevalentemente di piccole e medie dimensioni.
Nel corso del tempo, soprattutto a partire dagli anni 2000, sono stati effettuati notevoli investimenti per aumentare la capacità degli impianti di risalita. Nonostante questo comunque il numero di presenze annue si è stabilizzato tra 25 e 30 milioni.
I praticanti degli sport invernali
La necessità di investire nel miglioramento degli impianti sciistici è stato dettato in parte anche dalla crescita del numero di italiani praticanti un’attività sportiva invernale in montagna.
Infatti, nel 2019 si è arrivati a toccare la cifra di circa 4 milioni.
Il problema è che a fronte di tale incremento, negli ultimi anni, già prima della pandemia, vi è stata una sensibile del numero di giornate trascorse in montagna dai singoli individui.
Ciò ha portato come conseguenza, una contrazione del fatturato, che nella stagione invernale 2018-2019, è stato pari a 10,4 miliardi, ossia l’11% in meno rispetto alla stagione precedente.
La concorrenza internazionale
Accanto alla modifica delle abitudini dei turisti, vi sono poi altre problematiche da prendere in considerazione sulla sostenibilità della monocultura degli sci nel panorama del turismo montano.
Una prima considerazione riguarda la presenza di una fitta concorrenza, specie per quanto riguarda la fascia dell’arco alpino.
Se infatti, le presenze negli impianti italiani si attestano, come visto tra i 25 e i 30 milioni di turisti all’anno, è bene sottolineare che questi valori rappresentano circa un terzo
Tali cifre rappresentano circa un quinto della frequentazione alpina totale, a fronte dei 50 milioni di presenze di Francia e Austria rispettivamente e i 25-30 milioni della Svizzera.
Cambiamento climatico
Un altro aspetto particolarmente rilevante, che influenza il turismo montano è legato poi ai cambiamenti climatici.
Le montagne sono state infatti colpite in modo sensibile dal surriscaldamento.
Questo perché, come è facile intuire, l’incremento delle temperature provoca in generale una riduzione della copertura nevosa, nonché della sua durata.
E’ evidente dunque che il continuo ritiro dei ghiacciai, la diminuzione della loro massa e del loro spessore, accanto al ridursi di fenomeni nevosi e del numero di giorni con temperature al di sotto dello zero, comporta una problematica di non poco conto per il turismo montano dello sci.
In particolare in base agli studi disponibili, laddove l’altitudine di “affidabilità” della copertura nevosa (almeno 30 cm per 100 giorni/anno) si attesta al momento a 1500 m, un incremento di un solo grado comporterebbe l’innalzamento di tale quota a 1650 m.
La conseguenza diretta sarebbe la “non affidabilità” di una grossa fetta delle stazioni sciistiche, in assenza di un innevamento artificiale.
Il problema dell’innevamento artificiale
Sicuramente, ricorrere all’utilizzo della neve artificiale non sarebbe la soluzione ideale per la sopravvivenza del turismo montano.
Il ricorso a tale tipologia di soluzione implica infatti cantieri per la costruzione della rete di distribuzione e dei bacini idrici di raccolta, sottraendo superficie alla fauna e alla flora locale.
E concorrendo all’alterazione dell’ecosistema e delle dinamiche del suolo, accelerando sia i fenomeni di dilavamento, sia quelli di deposizione di sali provenienti dall’acqua utilizzata.
Senza contare che i costi annui per l’innevamento artificiale, potrebbero con ogni probabilità aumentare, a causa delle previsioni climatiche potrebbero potenzialmente portare ad un incremento delle quantità di neve necessarie.
Altre problematiche ambientali
A generare problematiche al suolo e all’habitat montano però, non concorre solo la neve artificiale, ma anche altri fattori.
In primis, la costruzione di comprensori per l’accoglienza turistica comporta la presenza di cantieri caratterizzati da rumori e luci, che infastidiscono la fauna locale.
Inoltre l’apertura di strade, gli sbancamenti e le scarificazioni contribuiscono al degrado dei valori paesaggistici e favoriscono i fenomeni erosivi che di conseguenza andranno a compromettere altre fruizioni turistiche.
Allo stesso modo, anche la gestione di un comprensorio sciistico, ha un notevole impatto sull’habitat contribuendo a rarefare o eliminare la fauna su un territorio ben più ampio del comprensorio stesso.
Così come i fenomeni di scarificazioni, compattamento e dilavamento, a cui sono soggette le piste, hanno un impatto sulle specie vegetali originarie, favorendo preoccupanti fenomeni erosivi.
Le alternative per il turismo montano
A fronte delle problematiche poste finora in evidenza, dunque, ha senso prevedere un’evoluzione del turismo montano che punti a diversificare al meglio la propria offerta.
La dipendenza dalla sola industria sciistica rischia di rendere il turismo montano particolarmente vulnerabile per causa di eventi esterni di varia natura (riduzione del potere d’acquisto della classe media, variabilità dei flussi turistici, fenomeni naturali, pandemie, ed altro ancora).
Una strategia vincente potrebbe perciò essere quella volta a favorire il turismo lento e che inizi a puntare anche sulle tradizioni locali.
Riuscire ad attirare una fetta di turisti interessati ad aspetti quali l’agricoltura, l’artigianato o anche frequentazione delle aree protette e forme di ospitalità diffusa, consentirebbe infatti di orientarsi verso una nuova tipologia di economia montana.
Sicuramente più solida e sostenibile, ed anche capace di attirare investimenti che permetterebbero di creare servizi e infrastrutture consone a contrastare il fenomeno di spopolamento che affligge tali posti.
Sei un cultore del turismo montano? Cosa ne pensi di un’evoluzione del turismo di questo tipo? Scrivicelo nei commenti.